Cesare Bullo
Cesare Bullo
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TERRA DI MISSIONE
missionari / Cesare Bullo
Sono Cesare Bullo, coadiutore, salesiano e missionario. Non mi piace mettermi in primo piano, né pensare di fare un bilancio della mia vita: sento di avere ancora molto da dare.
Voglio ringraziare tutti voi che mi avete aiutato e che mi aiutare a farlo.
Ho davanti ai miei occhi una fotografia, scattata tanti anni fa, in cui si vede un giovanotto con la barba e i capelli scuri. Sento di essere ancora quel giovanotto che sorride timidamente…
Sono nato a Chioggia, che all’epoca era al centro di una delle zone più povere del Veneto. Forse era già scritto in quei luoghi il mio destino. I salesiani dell’oratorio di Chioggia colpirono subito la mia fantasia. Davano molto agli altri, aiutavano tutti, soprattutto i più poveri fra i poveri. Entrai a sei anni, e da allora la mia vita ha preso la direzione che mi ha portato fin qui. Nel 1957 iniziai il noviziato ad Albare, in provincia di Verona. Spesso venivano missionari da ogni parte del mondo, e i loro racconti sapevano di vita vera, parlavano di luoghi lontani dove portare il messaggio di Nostro Signore, fatto di amore e di solidarietà. Sentii immediatamente che era quella la vita che volevo.
La mia prima destinazione fu il Vietnam, nel 1962.
Con i salesiani assistemmo i profughi che di lì a poco avrebbero incominciato ad affluire, vittime della guerra con gli Stati Uniti. Fummo estromessi dal Paese nel 1975, e pochi mesi dopo fui destinato all’Etiopia.
In Etiopia ho il compito di economo delle 13 comunità salesiane di tutto il Corno d’Africa. Per questa ragione sono impegnato a conoscere e a cercare sostegno per le opere che derivano da questa presenza: scuole primarie e professionali, centri di addestramento al lavoro, centri giovanili e di catechesi, assistenza sociale; oltre a parrocchie, oratori e l’aspirantato.
È un’ampia realtà di cui ho avuto modo di essere cofondatore (insieme con due confratelli con i quali fui mandato qui nel 1976) in quella che era stata una colonia dell’Italia fascista. Ci trovammo presto di fronte alla gravissima emergenza alimentare conseguente alla siccità, che ebbe il suo culmine fra il 1984 e il 1985. Allora si mobilitò l’intero mondo con gli aiuti umanitari. Noi volevamo provare a salvare quanti più era possibile. Ospitammo fino a 6.000 persone.
Abbiamo continuato con l’attività quotidiana a dare istruzione e segni della vicinanza di Dio ai più poveri. Ancora oggi l’adozione a distanza è una modalità efficace di assicurare a un bambino di sopravvivere in aree depresse dal punto di vista economico e di affrontare serenamente un percorso formativo per diventare capaci di autosostenersi.