Dove Dio piange i salesiani ci sono

Se si procede nell’elencazione di tutti i conflitti in corso, viene da domandarsi in quale regione della Terra oggi non vi sia spargimento di sangue. Le parole che Papa Francesco pronunciò dieci anni fa: “Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli” oggi si rivelano una profezia inascoltata. Se i responsabili delle nazioni avevano percepito quell’espressione come uno dei suoi tanti appelli morali, oggi possiamo scommettere che sia giunta alle loro orecchie come un’analisi realistica e preoccupante.

Il pensiero e l’appello del Papa dovevano servire a suscitare la reazione delle opinioni pubbliche assieme a quella degli uomini e delle donne scelti per governare i rapporti fra gli Stati. Ma in dieci anni anche le voci più autorevoli fra queste sono rimaste inascoltate: su tutti, quella del Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. E Dio che fa? Ascolta le preghiere per la pace che tanta parte dell’umanità gli rivolge? È la domanda, molte volte provocatoria, che si fa in certe discussioni per tirare in ballo la questione fondamentale se lui davvero esista e se sia davvero dalla parte del povero, dell’afflitto, del perseguitato, della vittima. La risposta che le persone spiritualmente più sensibili sussurrano è che Dio in questo momento stia piangendo. Abbiamo allontanato le nostre coscienze dall’interrogativo se sia peccato dichiarare guerre, progettare e attuare terrorismo con le bombe o anche solo con le parole: per l’uomo maturo dovrebbe bastare la sua coscienza, la sua intelligenza. Eppure… Ma se Dio piange non è solo per gli ultimi conflitti, a noi più prossimi o più simbolici dal punto di vista storico-religioso, ma anche per il silenzio che fa da complice di tante guerre, che predispone l’immunità di dittatori e di mercanti di morte, che tollera la fame e la persecuzione.

Dio piange per i bambini abbandonati a loro stessi o ai trafficanti, per chi da un certo giorno in poi vede segnato il confine del suo esistere entro la cinta di un campo profughi, per chi è libero sulla carta ma è costretto dalla violenza a subire la sottrazione dei suoi diritti a causa della violenza o della corruzione, per gli impoveriti dalle scelleratezze dei governanti. Piange per chi vive nell’abbondanza di cibo, di tempo libero, di reti di comunicazione… ma ha perso la capacità di avvertire le invocazioni di chi ha fame, di chi è schiavo, di chi è prigioniero: anche lui vive rinchiuso. Se ci diamo di tanto in tanto l’impegno di scorrere la carta geografica, possiamo individuare decine di situazioni che si aggrappano alla nostra sensibilità per cercare di avere giustizia.

Lo stesso papa Francesco, al primo incontro con un drappello di nuovi diplomatici presso la Santa Sede, ne ha citati alcuni: Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Myanmar, Libano e Gerusalemme, Haiti, Ucraina.

Sudan

Un Paese che vive tra il Sahel e il grande Nilo, un territorio che ha fatto strada ai commerci per secoli, ponte naturale fra Mar Rosso e cuore dell’Africa, ha il privilegio di aver scoperto oggi l’enorme potenzialità posta sottoterra (petrolio e minerali preziosi) ma anche la condanna di aver attirato l’attenzione di profittatori armati fino ai denti. La guerra fratricida che è scoppiata un anno fa ha perso l’attenzione dei media. Gli anni della guerra nel Darfur avevano già creato un esodo di massa e tensioni etniche, le ripercussioni del conflitto sui Paesi confinanti sono ulteriore motivo di preoccupazione.

Congo, Repubblica Democratica

L’antica ricchezza del Paese si è persa con il colonialismo belga che ha fatto strage di 6 milioni di abitanti, sostituito qualche decennio dopo dal dominio delle imprese straniere che sfruttano la ricchezza del sottosuolo. I minerali più ricercati negli ultimi tempi a beneficio delle tecnologie più aggiornate sono proprio situati in questo Paese: quelle terre rare che fanno rimpicciolire le misure dei componenti dei nostri apparecchi elettronici e ingigantire le differenze fra poveri e ricchi. “Lì si vede la miseria nuda”, ha testimoniato don Daniel Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco in visita in Congo nel 2022. Bambini sfruttati nelle miniere militarizzate, disimpegno del governo dal capitolo istruzione, famiglie dissolte dalla mancanza di lavoro retribuito, migliaia di sfollati che scappano dalla guerra tra forze governative e i ribelli del gruppo M23.

Myanmar

Lo sfondo è dato dal colpo di stato che tre anni fa ha posto fine a una democrazia molto precaria. L’organizzazione dell’Onu che si occupa delle emergenze umanitarie, l’Ocha, ha tracciato il quadro dal punto di vista di una popolazione che sta praticando meccanismi di adattamento negativi: restringimento dei consumi alimentari, svendita dei beni personali, abbandono scolastico, fuga dal Paese anche in modalità ad alto rischio. Sono sistematicamente frenati gli aiuti da parte delle organizzazioni non governative e di quelle religiose.

Libano, Israele e Palestina

Quel che accade è un esito annunciato quando gli Accordi di pace di Oslo nel 1993 aprirono la strada al riconoscimento reciproco di Israele e Palestina, ma le intenzioni non dichiarate si sarebbero progressivamente incarnate nelle forze integraliste dei due popoli.
Il Libano sta silenziosamente pagando il prezzo di ogni conflitto nella regione, accogliendo milioni di profughi palestinesi e siriani: questi ultimi a loro volta vittime di un braccio di ferro fra Stati Uniti e Russia. Senza contare il terremoto che lascia ancora oggi città distrutte.

Haiti

La situazione di quel pezzo dell’isola viene raccontata, da chi riesce a far uscire le informazioni, come un girone dell’Inferno. La minaccia fisica è quotidiana, si vive nella paura dei rapimenti per pochi soldi. Le armi circolano quanto le sostanze stupefacenti, le bande armate sono controllate da militari che rispondono del loro operato a capi criminali. Nascere lì significa essere votati a un destino inesorabile: abbandono da parte della famiglia, ingresso nel sistema di sopravvivenza della strada, sfruttamento da parte di adulti senza scrupoli. La “carriera” è quella di diventare mercenari, spacciatori, capibanda. L’energia elettrica che serve alla vita quotidiana è diventata un lusso, e solo per poche ore al giorno.

Ucraina

Ormai a due anni dall’inasprirsi del conflitto con la Russia non si vede la fine. La gente di Kyiv continua a provare a vivere senza l’incubo dei missili, ma sul fronte di combattimento i militari e gli abitanti continuano a fare i conti quotidiani con la morte, con la penuria di cibo, con il freddo gelido, con i campi che non sono più coltivabili.

Venezuela

Ai Paesi citati dal Papa ci permettiamo di aggiungerne uno che costituisce il caso emblematico per l’America latina- Lo Stato che faceva da locomotiva del cono sudamericano è precipitato in una situazione che ha dell’inverosimile. Si contano circa 9 milioni di persone che hanno lasciato il Paese a causa della crisi umanitaria senza precedenti, mancano i servizi di base, acqua, cibo, circa 18,7 milioni di abitanti hanno avuto bisogno di assistenza alimentare durante lo scorso anno.

Dio piange per tutto quanto sta accadendo nel mondo.
In ciascuna delle situazioni qui richiamate in cui “Dio piange” c’è un piccolo nucleo di figli di Don Bosco che opera per la pace attraverso il servizio ai poveri. Partono dai più piccoli “aiutandoli anzitutto nello studio e poi coinvolgendoli in mille attività di gruppo per passare il tempo in maniera sana ed educativa: sport, teatro, musica, preghiera… Continuano ad andare in cerca dei più poveri e ad aiutarli senza chiedere niente in cambio, anzi, proprio perché non hanno nulla da dare in cambio” come descrive l’intervento nel Paese più dimenticato fra quelli citati, il Myanmar. E così strappano a Dio un sorriso

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