Viaggio da Sunyani attraverso il deserto e il mare

Don Silvio Roggia ci scrive:

Non posso fare a meno di parlarvi di un viaggio che voglio condividere con voi proprio come me l’ hanno raccontato.
Kwabena, Kwaku e Kwasi sono tre giovani del Brong Aafo, la regione dove io vivo in Ghana. I loro nomi corrispondono ai giorni della settimana in cui sono nati, rispettivamente martedì, mercoledì e domenica. L’età è tra i 21 e i 24 anni. Per circostanze diverse non hanno potuto frequentare la scuola. Vivevano alla giornata e di espedienti. Tutti e tre hanno già un figlio, da ragazze che vivono ancora con i loro genitori; è una situazione molto frequente in Ghana perché il matrimonio è un obiettivo quasi impossibile da raggiungere.

Un parente li ha aiutati a raggiungere il Burkina su un camion per trasporto merci, facendoli passare dalla frontiera come meccanici. Dopo un mese di attesa in Niger, si è aperta una chance per il viaggio verso la Libia su un altro camion fatiscente. Di fatto dopo un giorno e mezzo di viaggio, il camion si è fermato in mezzo al deserto. Le scorte d’acqua sono rapidamente finite e bere la propria urina è stato l’ultimo salvagente. Quando si era giunti allo stremo, l’arrivo di un pick up carico di migranti è riuscito a far ripartire il motore del camion e a rimetterlo in pista. Sono così riusciti a raggiungere la Libia in condizioni da sopravvissuti. Il Paese che pensavano essere un’oasi fortunata, si è presentato un inferno. Sono stati arruolati come aiuto muratori in un palazzo in costruzione, dopo tre mesi, quando è arrivata l’ora di percepire il compenso per il duro lavoro, si son visti puntare un mitra addosso con l’intimidazione di lasciare la zona.
Poco tempo dopo sono stati catturati e messi in prigione con l’accusa di aver collaborato come mercenari a sostegno di Gheddafi. La prigione era così sovraffollata che non c’era lo spazio fisico per potersi sdraiare, se non a turno. La loro disponibilità a lavare il piatto degli altri prigionieri ha attirato la simpatia di uno dei carcerieri. Una notte li ha prelevati tutte e tre all’una di notte e li ha portati sulla spiaggia dove c’erano molti uomini armati e altri migranti. Sono stati tutti costretti a salire sul gommone: 97 persone. Il motore del gommone dopo due giorni di viaggio ha ceduto, rimanendo così in balia delle onde. Il mare, il freddo, la totale assenza di vie d’uscita hanno preparato Kwabena, Kwaku e Kwasi al peggio, pensavano fosse arrivata la fine. Un elicottero ha avvistato il gommone. Dopo qualche ora una nave li ha recuperati.Ora si trovano a Mondovì.

Con la certezza che provengono dal Ghana, uno dei paesi più democratici dell’Africa, non verrà loro concesso lo status di rifugiati e se non trovano un lavoro, ritorneranno ben presto nel loro Paese.
Chissà quante storie come questa e anche più tragiche… storie uniche che meritano di essere ascoltate. L’unico consiglio è piuttosto per me e le comunità in cui sto per tornare: di continuare a fare quello che farebbe don Bosco e farlo il prima possibile! Offrire alla gioventù la possibilità di “sognare di restare” per diventare la risorsa principale della crescita del loro paese.
Preghiamo Maria Ausiliatrice che ci aiuti ad aver cura dei suoi figli, tutti.

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