Riccardo Racca, un esempio di vocazione di fatto

Ottobre mese missionario attraverso le parole dei Figli di Don Bosco

Riccardo Racca, salesiano laico, sta accumulando una rara esperienza di missione nei Paesi dell’Africa occidentale. È stato in Nigeria (“vai a sostituire un confratello per tre mesi…” gli disse 26 anni fa il suo superiore), è passato per il Ghana (nel 2011) fino ad arrivare nel 2020 in Sierra Leone. È un esempio di “vocazione di fatto” che corrisponde a una piena disponibilità a seguire il carisma di Don Bosco e le regole della Congregazione.

Forse solo uno spirito sereno e allegro può infatti sostenere un percorso tutt’altro che privo di inciampi. Uno di questi è stato quel colpo di ferro sulla testa. L’episodio è legato a un furto avvenuto nella Casa della missione: lui andò a controllare il magazzino da dove provenivano strani rumori e si vide raggiungere da una bastonata che lo tramortì. Trauma, prima medicazione all’infermeria e poi subito il volo aereo per rientrare in Italia e sottoporsi a un intervento chirurgico. Tutto sommato è contento di averla scampata così, fra la violenza del ladro e la mancanza di soccorsi adeguati, fra la delicatezza dell’operazione in ospedale e la riabilitazione che ha avuto l’esito sperato.

Originario di un paesino del Piemonte usa volentieri l’intera scala di tonalità del suo spirito gioviale: dalla battuta a freddo al sarcasmo graffiante, dalla barzelletta innocente alla frase rivelatrice. Ogni volta traspare la sua saggezza che è tesoro per lui, per i ragazzi che incontra in missione e per tutti quelli che hanno il piacere di ascoltare le sue testimonianze. Una di queste riguarda un giovanissimo che si presentò con una gamba rovinata dalla poliomielite: il missionario si interessò delle possibili cure, fino a che un intervento di chirurgia ortopedica non gli ha permesso di indossare una protesi. Il ragazzo ha ritrovato la sua autonomia di spostamento ed è cresciuto fiero della sua gamba artificiale. È un miracolo questo? Forse sì, se consideriamo che un intervento riabilitante, che non è straordinario in Europa, risulta essere un miraggio in Africa soprattutto per chi non dispone di mezzi economici. La vita di quel ragazzo sarebbe andata avanti comunque, ma la qualità di essa è cambiata radicalmente.

Così come è accaduto per altri ragazzi che il salesiano ha incontrato nel corso del suo servizio. Riccardo Racca frequenta – da quando è in Sierra Leone – il carcere minorile per collaborare all’attività di sostegno ai detenuti che da qualche anno svolge la missione di Bo. Nel contesto del carcere minorile è difficile dare risposte concrete alle migliaia di persone private della libertà. Speso scontano una pena per reati di poco conto, ma in questo modo entrano in un tunnel da quale sarà difficile uscire. Bisognerebbe avere almeno un processo che stabilisca le precise responsabilità: invece restano lunghi anni in attesa di giudizio, sovraffollamento delle celle, cibo una volta al giorno. Quel che bolle nell’anima di Riccardo è il pensiero che queste situazioni raggiungono la massima potenza per l’inadeguatezza e per l’incuria del personale. Se c’è poco riso nei piatti è perché qualcuno nella catena degli acquisti, della preparazione e della distribuzione dei pasti ne ha portato a casa. I minori in carcere sono insomma vittime di un sistema incapace di dare un servizio sociale adeguato sia in via preventiva sia in via rieducativa.

Se poi si è malati, la condizione diventa subumana. Malvolentieri Riccardo Racca racconta di un ragazzo epilettico tenuto forzatamente fermo su un letto, legato mani e piedi per contrastare le crisi nervose: “gli infermieri non osavano intervenire (dicevano) per timore del contagio da Covid”. Per questo motivo l’igiene e l’alimentazione del ragazzo erano al di sotto di qualsiasi livello accettabile. La cordialità usuale del missionario salesiano si è allora trasformata in una energica protesta verso il direttore del carcere, che minacciava una denuncia ai suoi superiori. Così è stato possibile riportare a una relativa normalità e il ragazzo ha potuto ricevere le cure sanitarie.

L’intervento di un missionario è anche questo: riconoscere e far riconoscere la dignità di ogni persona. Alzare la voce a favore di chi non ce l’ha, scuotere le coscienze dal torpore in cui colpevolmente scivolano. Potrà essere considerato un missionario mai partito con il crocifisso del mandato, ma Riccardo Racca sicuramente vive la missione: opera cioè per l’umanità che ha bisogno di aiuto materiale, ma prima ancora di essere riconquistata con la sua dignità.

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