In India una tragedia che peggiora di giorno in giorno

L’India è oramai da settimane il secondo Paese al mondo con più contagi da Covid-19 dopo gli Stati Uniti. Più di 5 milioni di positivi e oltre 85 mila deceduti. Leggere il bollettino sanitario del Ministero della Sanità fa tremare le gambe: 90.000 persone positive e 1.290 morti in sole 24 ore. Il tasso di infezione misurato potrebbe essere il più alto al mondo, gli esperti sostengono che ancora non c’è alcun segno che il Paese possa raggiungere il picco.

In Maharashtra, Gujarat e Uttar Pradesh, tre stati in cui gli ospedali fanno fatica a gestire i pazienti, la domanda di ossigeno è più che triplicata e i posti letto in terapia intensiva sono sempre meno.

Come sostiene il dottor Vivek Saini, ex-allievo salesiano dell’istituto Don Bosco di Nuova Delhi, oggi in corsia presso il Lok Nayak Jai Prakash Narayan, il più grande ospedale dedicato al contrasto del Covid-19 in India:

Lavorare in terapia intensiva è stato finora come un grande bagaglio di sentimenti contrastanti, come uno spiacevole giro sulle montagne russe. Ci sono giorni in cui devi dare delle brutte notizie a diverse famiglie e altri in cui la gioia sul volto dei pazienti guariti diviene per te come una benedizione, un raggio di speranza. Lo sforzo delle équipe mediche di tutto il mondo non credo sarà mai ricompensato completamente.

Dopo la scuola salesiana, Vivek Saini ha frequentato il corso universitario di Medicina e Chirurgia presso il prestigioso “Maulana Azad Medical College” e in seguito la specializzazione in Anestesiologia e Rianimazione, oggi è uno dei “guerrieri” (così vengono chiamati) in prima fila nella lotta globale al Covid-19.

Dopo che le maggiori città del Paese, Delhi, Mumbai, Chennai e Calcutta, hanno registrato una diffusione del virus spaventosa, ora i dati riportano che il Covid-19 si sta diffondendo sempre più velocemente nelle aree rurali. Le zone più povere dell’india, dove non ci sono ospedali attrezzati e i centri sanitari più vicini sono a circa 30/40 km dai centri abitati. Aree in cui l’80% delle famiglie non ha accesso garantito all’acqua corrente e potabile e dove decine e decine di famiglie, rimaste senza lavoro a causa del lockdown, non riescono neppure a procurarsi la quantità minima di cibo per sfamarsi.

La triste storia del villaggio di Nagla Vidhichand, ripresa da numerosi quotidiani internazionali, è un esempio emblematico. Un piccolo centro abitato, vicino ad Agra, a 8 km dal Taj Mahal, dove durante il lockdown la maggior parte degli abitanti, che prima si dedicava alla vendita di calzature o a lavoro nei cantieri, è rimasta bloccata, senza lavoro e senza retribuzione. Numerose famiglie rimaste isolate, fuori dalla rete degli aiuti governativi, come la famiglia di Sonia Kumari, una bimba di 5 anni morta di fame dopo che la madre Sheila, rimasta senza salario giornaliero che guadagnava lavorando nella vicina fabbrica di mattoni, per cinque giorni non è riuscita ad acquistare nemmeno un pezzetto di naan, il pane tradizionale indiano, per sfamare la sua piccola.

In India i villaggi che si trovano nella stessa situazione di Nagla Vidhichand sono centinaia di migliaia, alcuni di questi si trovano in zone isolate, dimenticate dal governo centrale, ma non dai Figli di Don Bosco. Luoghi dove i missionari salesiani riescono ad assicurare vicinanza, sostegno e aiuti alla popolazione svantaggiata.

Nei villaggi rurali e nelle baraccopoli di Mangalagiri, Hyderabad, Ponnur, Pezzonipet e Nalgonda, due mesi fa, i salesiani hanno avviato un progetto che consisteva nella distribuzione di disinfettanti, sapone e pacchi alimentari a 400 famiglie dei bambini beneficiari delle adozioni a distanza sostenute da Missioni Don Bosco. Oltre ai kit di prima assistenza, i salesiani hanno pensato anche alle bambine e ai bambini, hanno distribuito delle confezioni con libri da colorare, matite e alcuni giocattoli, come una corda per saltare o una palla.

Tutte le famiglie sono state raggiunte dai salesiani di Don Bosco e aiutate attraverso la rete dei missionari presenti nelle dieci province individuate. “Il vostro supporto ci ha aiutato a fare una differenza significativa. A causa del lockdown i genitori di questi studenti non potevano uscire, nessuno è stato in grado di portare avanti il proprio lavoro, per questo motivo si sono trovati in difficoltà, il vostro aiuto tempestivo ci ha aiutato a dare alcune provviste necessarie ai più bisognosi”, ci ha scritto padre Jose Kollithanath dal distretto di Prakasam.

“Quando vi abbiamo inviato la richiesta di sostegno per aiutare le 400 famiglie era il mese di maggio, l’Italia era appena uscita dal periodo più buio dell’emergenza sanitaria e nonostante le sfide che affliggevano il vostro Paese siete stati molto generosi nell’aiutarci per sostenere le famiglie dei ragazzi e delle ragazze colpite dal lockdown”, ha aggiunto don Sudhaker Bellamkonda, direttore esecutivo del Bosco Seva Kendra, l’Ufficio di Pianificazione e Sviluppo dell’Ispettoria salesiana di Hyderabad.

“Nelle settimane seguenti abbiamo distribuito i generi alimentari essenziali e il materiale scolastico a tutte le famiglie beneficiare delle borse di studio, le famiglie erano grate per il vostro supporto, tutti i bambini erano felici ed entusiasti di ricevere dei piccoli pensieri in un momento così difficile”, aggiunge Padre Bellamkonda.

I missionari salesiani hanno messo in piedi una rete diffusa di aiuti e cercato di riorganizzare tutti i progetti già avviati prima dell’emergenza.

Come nel distretto di Adiya in Assam, una zona estremamente povera anche a causa del suo isolamento geografico, dove l’Istituto salesiano per la cultura e lo sviluppo rurale (I-CARD) aveva avviato un centro di formazione giovanile per offrire numerosi corsi professionali, dalla sartoria alla meccanica, dalla carpenteria all’idraulica, fino all’allevamento biologico e alla panificazione. Quest’ultimo corso aveva un obiettivo molto preciso: insegnare un mestiere ai giovani volenterosi e impiegare gli allievi in una nuova panetteria per distribuire una parte dei prodotti tra gli studenti della scuola e il resto venduto ai mercati della zona, in modo tale da essere una fonte di reddito per tutto il Centro. I salesiani, con il sostegno di Missioni Don Bosco e dei suoi benefattori, avevano acquistato un pickup per trasportare il pane, ma l’emergenza ovviamente ha bloccato tutto. Con la diffusione del virus nella regione di Assamm, i missionari hanno colto l’attimo e hanno deciso di sfruttare il mezzo per la distribuzione di alimenti alle persone più bisognose.

Oggi, però la situazione è ancora più complessa, per questo motivo i Figli di Don Bosco, mettendo a rischio la propria vita, portano avanti molteplici progetti di distribuzione quotidiana di beni di prima necessità ai più poveri e ai più svantaggiati, nelle zone rurali, nelle periferie e negli slum delle grandi città dove vivono migliaia di persone che rischiano di essere dimenticate, persone che, a causa del lockdown, rischiano di morire di fame, oltre che di Coronavirus.

Come nelle tre missioni salesiane nei dintorni di Tiruchy, nello stato del Tamil Nadu, nei bassifondi e nei villaggi intorno alla città, dove i salesiani hanno deciso di dedicarsi ai bambini di strada, ai malati e agli anziani, gli ultimi. Il paniere che viene distribuito alle famiglie è composto da riso, farina, zucchero, olio, un sacchetto di verdure miste e dhal, una preparazione a base di legumi. Le famiglie hanno bisogno di cibo, beni essenziali per la sopravvivenza di fronte a questa emergenza devastante, se puoi, sostienili.

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