7 anni, mille vite, un’opportunità

La storia dell’Africa è costellata di continue cadute e rinascite e ogni paese ha nel suo patrimonio miti e leggende, come testimoniano le tradizioni orali di tantissime tribù. A questo bagaglio culturale negli ultimi decenni si è affiancato il fenomeno delle sette religiose, che scavando in questo substrato di racconti tramandati e facendo leva sulla scarsa o nulla istruzione si è ritagliato un ruolo di primaria importanza nella società. In questo ambito un ruolo di assoluto valore lo riveste la stregoneria, che in Repubblica Democratica del Congo è una piaga sociale che colpisce soprattutto bambini e donne.

Padre Mario Perez, missionario salesiano di origini venezuelane, vive a Mbuji-Mayi, città famosa per essere il distretto dei diamanti, dove però meno del 20% della popolazione ha acqua e luce in casa. Anche se l’aspetto delle strade ricorda più un grande villaggio – sono pochissime le vie asfaltate – si tratta di una metropoli che ha superato i 3.000.000 di abitanti e nella quale circa 5.000 bambini vivono in strada. Alle loro spalle non c’è più una famiglia e se esiste non vuole prendersi cura di loro. È qui che entra in gioco la stregoneria, un metodo efficace per liberarsi di questi figli non più amati, non più desiderati.

Si tratta purtroppo di un sistema collaudato, addirittura infallibile: si contatta lo stregone perché il bambino ha mostrato dei “segni” inquietanti e lo si fa dichiarare stregone per allontanarlo dalla famiglia. Questi famigerati tratti distintivi non sono altro che pretesti e la scelta è davvero ampia: il figlio chiede sempre da mangiare, è troppo vivace, osa rispondere quando viene aggredito dai genitori, soffre di epilessia o di qualche altra malattia pediatrica, fa la pipì a letto, ha la pancia gonfia per la verminosi, è albino o ha i capelli rossicci per carenza di vitamine. Se sei orfano di entrambi i genitori rischi molto, sentirsi la coscienza pulita per trovare dei motivi per non farsi carico di un bimbo è purtroppo un comportamento molto diffuso.

Perciò che scelta rimane a questi bambini? O vengono cacciati di casa o scappano, a volte allontanandosi dalla città e cercando rifugio anche a 1000 km di distanza, nella capitale Kinshasa o nel sud del paese. Se però l’accusa di stregoneria ti si è incollata sulla pelle e qualcuno per strada ti riconosce verrai additato come “serpente” e cercheranno di allontanarti e picchiarti. Padre Mario nella missione salesiana accoglie circa 200 bambini e le loro storie sono per molti versi tutte uguali e tutte diverse nella loro disperazione, ognuna di esse disegna un quadro sconfortante di abiezione e miseria. Sentire dalla sua voce il racconto di alcune di queste piccole vite è qualcosa di scioccante: 

Ti racconto la storia di Debora e Senior, due fratellini che all’età di 5 e 7 anni hanno perso il loro papà. La famiglia della madre, per paura di doversi fare carico della vedova e dei suoi due figli, ha subito accusato i bambini di stregoneria e di essere colpevoli della morte del loro padre. La mamma ha preso i suoi figli ed è scappata, è venuta a Mbuji-Mayi e per un po’ ha vissuto di lavoretti alla giornata, poi ha messo su famiglia con un uomo. Putroppo è morta durante la terza gravidanza. A quel punto il patrigno e la sua famiglia, che avrebbero dovuto farsi carico dei fratellini, hanno immediatamente accusato Debora e Senior di essere due stregoni, adducendo come prova il fatto che per la seconda volta a causa loro il genitore era morto. Ai funerali di questa povera mamma si è presentato il nonno materno, pastore di una setta e indicato come nuovo tutore dei due bambini. Ha caricato i fratellini sulla sua macchina, durante il viaggio di ritorno a casa li ha pesantemente insultati, accusandoli anche lui di stregoneria, poi si è fermato su un ponte, ha messo i bambini dentro un sacco e si accingeva a buttarli nel fiume quando un suo conoscente lo ha riconosciuto e, intuendo qualcosa, gli ha chiesto cosa ci fosse nel sacco. Il nonno ha cercato di giustificarsi ma l’altro uomo gli ha detto che poteva portare i bambini da padre Mario nella missione salesiana e che se non lo avesse fatto ne sarebbe venuto a conoscenza tutto il paese. All’alba il nonno ha portato i due bambini davanti alla chiesa dove io stavo celebrando la Messa. Li ha lasciati lì, da soli: li ho trovati sul sagrato in lacrime, con Debora che continuava a urlare “non sono una strega, non sono una strega!”, siamo riusciti a calmarla solo grazie all’aiuto di un’altra bambina sua coetanea, che le ha parlato ed è riuscita a stabilire un dialogo con lei.”

La storia di Debora e Senior non è un’eccezione, casomai è purtroppo la conferma di una terribile prassi che considera i bambini un problema di cui disfarsi. Anche padre Mario e sua sorella Anita, che è volontaria nella missione, sono diventati papà e mamma di un bellissimo bambino, Miguel Angel:

Nella missione di padre Mario tutti i bambini e ragazzi sono seguiti con amore e i salesiani sono aiutati da Melanie, una bravissima infermiera e assistente sociale, che si prende cura di loro come se fossero i suoi figli. Per aiutare questi bambini bisogna fare ricorso a un sostegno a lungo termine, perché solo dando loro educazione, istruzione e una futura formazione professionale si può sperare che diventino degli adulti che non ripercorreranno la stessa strada dei loro genitori, soprattutto i loro errori. È un lavoro complesso e che richiede molta pazienza, però è tempo ben speso. Non solo nei confronti di queste creature sfortunate ma anche verso le loro famiglie, con le quali fin da subito si cerca di instaurare un dialogo, perché l’obiettivo finale è sempre quello, dove possibile, di riavvicinare il bambino alla sua famiglia.

È un percorso costellato di tristissime sconfitte ma sicuramente maggiori sono le storie di rinascita: per un ragazzino che ha vissuto per troppo tempo in strada e che abbandona la casa di accoglienza ci sono tantissimi che ce la fanno, molti di loro vengono riaccettati in famiglia e una nonna o qualche zia sarà la loro nuova mamma. E laddove questo non è possibile i salesiani saranno comunque una famiglia amorevole, che accoglie e non giudica.

Mbuji-Mayi non è l’unica missione salesiana congolese dove sono presenti case di accoglienza. A Kinshasa, Tshikapa, Lubumbashi, Lukunga, Kingabwa altri confratelli sono impegnati come padre Mario. Per questo Missioni Don Bosco si impegna da anni per cercare le risorse necessarie affinché questo cammino di rinascita non si interrompa e sia sempre garantita l’accoglienza. Il sostegno a distanza in questi anni ha assicurato a centinaia di bambini un tetto, cibo, vestiti, ma soprattutto la consapevolezza di avere trovato un luogo e delle persone che li amano, incondizionatamente.

Sostenere un’adozione a distanza o una borsa di studio significa accompagnare un bambino o una bambino verso un futuro migliore. Come dice padre Mario, “si può accogliere un bambino anche a migliaia di chilometri di distanza. Adottare un piccolo figlio di Dio significa anche sostenere una famiglia, una nazione”. È fame di giustizia, di misericordia, di diritti umani che siano finalmente riconosciuti.

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