Un’oasi di educazione e condivisione nel deserto del Ciad

45° all’ombra, l’aria calda del deserto è secca ma si fa sentire. Siamo a Sarh, in Ciad, nel cuore dell’Africa. Più di 600 ragazzi sono assiepati intorno al campo da calcio dove si svolgono le finali del torneo che ha riempito buona parte dell’estate ragazzi. Padre Jean Claude Kikondee, missionario salesiano camerunense, è contento del risultato. Le attività si sono svolte di pomeriggio perché il caldo avrebbe sfiancato tutti. A piccoli gruppi, ragazzi e adolescenti si sono radunati ogni giorno a Casa Don Bosco.

“I salesiani sono arrivati qui nel 1995, i fondatori erano italiani, don Francesco Cremon e don Pietro Bano” ricorda padre Jean Claude, “molto bravi nell’organizzazione delle attività di oratorio”.  La prima missione è stata proprio a Sarh, città posta nell’angolo di territorio che confina con Camerun e Repubblica Centrafricana. Successivamente è stata aperta una nuova opera nella capitale N’Djamena e nel 2013 a Doba.

Il Ciad è un Paese per metà desertico, a nord, e per metà verdeggiante. A Doba è sentito forte l’effetto della guerra russo-ucraina tanto da creare nel 2022 una crisi umanitaria, per arginare la quale è arrivato anche dall’Italia l’aiuto attraverso Missioni Don Bosco. Superata l’emergenza, i salesiani sono tornati alla normalità dell’impegno, destinato fin dai primi anni a garantire istruzione e cibo ai più piccoli.

I Figli di Don Bosco a Sarh sono particolarmente a loro agio in un contesto dove c’è attenzione alla formazione scolastica tanto che è stata aperta anche una sede universitaria. “Abbiamo una parrocchia, un centro giovanile molto forte, l’oratorio, la scuola materna, elementare e secondaria”, ci spiega don Jean Claude; “l’estate ragazzi si ripete ormai da una ventina d’anni”. Non solo calcio ma giochi secondo le diverse fasce d’età, e poi musica: ballare, suonare la chitarra e altri strumenti che coinvolgono molto i ragazzi. “A casa non hanno altre possibilità di occupare il tempo in modo piacevole, dunque vengono volentieri.” L’oratorio è aperto tutto l’anno. Gli animatori che possono garantire un’assistenza costante sono 25, d’estate arrivano ad essere una sessantina. “Cerchiamo di tenere tutti coinvolti: se non possono essere qui tutti i giorni, chiediamo di tenere l’impegno uno-due giorni la settimana”.

A sentire la descrizione dell’attività, padre Jean Claude ci sembra coinvolto con lo stesso entusiasmo di un giovanotto: ma a 61 anni ha già raggiunto i 40 di vita salesiana. “Abbiamo trascorso un giorno in più oltre l’estate ragazzi solo con gli animatori: è stato un bel momento di riconoscenza reciproca, di condivisione delle esperienze vissute. Anche di gratificazione per avere trovato le risorse economiche per la missione.”

La scuola è un luogo di rispetto reciproco e di capacità di stare insieme. Sullo sfondo, infatti, c’è un pesante conflitto culturale ed economico. La gran maggioranza è di fede islamica, è ad essa appartengono il potere economico e quello militare. Vi è il fenomeno delle scorribande delle popolazioni del nord che arrivano a rapinare la produzione agricola del sud. Vengono con le loro greggi alla ricerca di pascoli, ma si appropriano anche del cibo: se i contadini si rifiutano, si arriva anche alle minacce e all’uccisione. Questo conflitto si intreccia con le differenze religiose, molti cristiani sono migrati in Ciad da altre regioni vicine. Sono perseguitati, obbligati dalle popolazioni settentrionali islamiche a lasciare il territorio, a trasferirsi in Camerun e Burkina Faso alla ricerca di libertà.

I salesiani lavorano anche su questo fronte. “L’estate è un periodo favorevole per imparare a vivere insieme. Tutte le cose che facciamo servono a superare le distinzioni che generano violenza. Anche i musulmani accettano la missione salesiana, sanno che a livello educazionale siamo bravi. Qui al sud non è come al nord: viviamo insieme cristiani e musulmani, c’è tolleranza.

Il saluto ai giovani animatori a conclusione dell’estate ragazzi è stato per questo salesiano anche il momento per comunicare che il suo incarico a Sarh si è concluso così. Dovrà tornare in Camerun. “Ho nostalgia dei ragazzi, mi dispiace, ma un confratello continuerà a stare con loro”.

Buon viaggio padre Jean Claude Kikondee!

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