Prepariamoci alla Pasqua, amici di Missioni Don Bosco!

Come per ogni festa, il momento di preparazione è quello che paradossalmente riveste l’importanza maggiore. È come per un cibo: se ne ricordiamo il sapore, se ne conosciamo la provenienza, se lo condiamo senza risparmio di gusti, lo consumeremo meglio quando arriverà sulla nostra tavola.

Così è per la principale festa dei cristiani, la Pasqua. La saggezza antica e la tradizione hanno costituito come premessa del grande giorno un consistente periodo di preparazione, la Quaresima. Sappiamo che in questo tempo ciascuno può disporre del sostegno della comunità per animare il desiderio di avvicinarsi un passo in più al Risorto, presente continuativamente fra di noi ma intangibile (se non per l’incredulo Tommaso che si spinse a toccarne il corpo ferito). Un sostegno fatto di ascolto della Parola che svela l’amore di Dio, fatto di suggerimenti per tenere l’attenzione concentrata sulle “cose” dello Spirito, fatto di coraggio ad affrontare nuove richieste della Carità.

Meglio vivremo la Pasqua se meglio vivremo la Quaresima. È il tempo per pregustare la potenza del Padre che non lascia Suo Figlio nella tomba, per entrare in punta di piedi nel percorso di sofferenza e di morte che genera l’Uomo nuovo, per alleggerirsi degli abiti e delle abitudini che segnano differenza e distacco dai fratelli.

È bello considerare che la festa è lì, all’orizzonte, e che il cammino – che pure ci richiedere salite faticose e discese da capogiro, cambi di passo e ristoro frequente per non perdere energie, controllo attento dei punti di riferimento per non allontanarsi dall’obiettivo – abbia la garanzia del punto di arrivo. Anche i piedi infiammati e i polmoni affaticati acquistano senso, e anzi sono misura della determinazione con la quale si affronta un percorso sfidante.
Preghiera, sacrificio, digiuno sono le parole che costellano la Quaresima e tutte portano ad un “alleggerimento” dei carichi che ci portiamo addosso, per essere più lanciati verso la meta e pronti a danzare la festa.

Preparati a risorgere con Cristo

Papa Francesco nel suo messaggio per questo tempo – seconda Quaresima e seconda Pasqua consecutive che vivremo sotto il condizionamento della pandemia – ci ricorda che “il digiuno, la preghiera e l’elemosina, come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione (cfr Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della nostra conversione. La via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa”.

Il cammino del Triduo Pasquale ci può far compagnia negli ultimissimi momenti di questa Quaresima: il giovedì dell’arresto di Gesù, il venerdì della crocifissione, il sabato del silenzio assoluto che precedono la domenica della Resurrezione. Si tratta di immedesimarsi nei momenti della passione del Cristo, ma più che pensare di dare conforto postumo a Lui, si tratta di raccogliere dalle gocce di sudore e di sangue che cadono a terra il sostegno a vivere i nostri momenti di debolezza cercando di percepire la vicinanza di Colui che si è lasciato sacrificare per colmare la nostra distanza da Dio.

Il cero, simbolo del Cristo risorto che illumina e scalda la comunità

Il nostro presidente, Giampietro Pettenon, ricorda che “il mistero della Passione, morte e Resurrezione di nostro Signore è troppo importante per permettere alla quotidianità di allontanarci dal suo messaggio che si ripete, ciclicamente ogni anno, ma, al contempo, ci interroga in modo sempre nuovo e attuale, calandosi nella nostra vita qui e ora. Solo affidandoci a questo percorso possiamo trovare la nostra stessa strada incontro alla Salvezza di Cristo!”.

Chi segue Missioni Don Bosco dispone di un ausilio in più per vivere la gioia della Pasqua: è il sapere che anche ai confini del mondo c’è un fratello che trasmette l’annuncio della Resurrezione ai più poveri, e con essi costruisce il “dopo la morte” attraverso le opere della Carità. Non solo: riceviamo di ritorno la cronaca di quanto sia partecipata la grande festa cristiana anche in luoghi sperduti come nella foresta amazzonica, come testimonia don Roberto Cappelletti: “Nel 2018 ho celebrato la Veglia di Pasqua nel villaggio della etnia Hupda, a Santa Cruz do Cabarí. Il Giovedì Santo sono arrivati tutti gli abitanti degli altri villaggi Hupda del fiume Japú. Erano circa 700 persone… Avevo portato un tradizionale cero pasquale, ma, con mia sorpresa, loro, abili apicoltori, ne avevano fatto uno enorme con la cera d’api. Mi sono commosso. Lo hanno trasportato al centro della Nostra Chiesa sotto le Stelle con un carretto di legno. In quella notte sono stati celebrati 85 battesimi tra bambini e adulti. La più bella Veglia Pasquale che io abbia mai vissuto”.

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