L’istruzione è il motore delle missioni – Diario di viaggio in India

19, 20 e 21 settembre, Calcutta

I giorni a Calcutta hanno suscitato in me innumerevoli domande e riflessioni. L’esperienza comunitaria con i confratelli è stata eccezionale. La loro ospitalità, la loro accoglienza, le loro attenzioni mi ha emozionato. La vicinanza, l’affetto e il lavoro salesiani mi rende sempre grato per il nostro carisma, per il senso di paternità di Don Bosco che ci fa sentire una grande famiglia.

Kodia Basti è una delle tante baraccopoli di Calcutta che abbiamo visitato e in cui vive la popolazione più povera. Qui, quelli che in apparenza sono cumuli di spazzatura sulla riva del fiume sono in realtà abitazioni fatte con materiale di recupero. La gente vive proprio raccogliendo l’immondizia del quartiere, selezionandola e rivendendola: gomma, plastica vetro, persino le fascette che chiudono le scatole possono essere utili per raggranellare qualche spicciolo con cui compare del cibo. Qui i salesiani hanno attivato un progetto per donare a ogni nucleo famigliare un luogo dignitoso in cui vivere. Sono casette molto piccole e semplici, fatte di bambù e alluminio e ci vivono mediamente 5-7 persone. C’è un abisso tra queste abitazioni e le altre baracche: sono dotate di un pavimento in cemento, di un tetto fatto di tegole, di corrente elettrica, di un letto rialzato per evitare topi e serpenti e di un bagnetto esterno. Soprattutto, durante la stagione dei monsoni, quando il fiume spazza via tutto ciò che trova sulle rive, queste case resistono alla furia degli elementi.

Vedere la felicità negli occhi di queste persone per quello che hanno ricevuto ci fa comprendere quanto il nostro stile di vita così agiato a volte non ci permetta di comprendere il reale valore di ciò che possediamo. Visitare le tante opere salesiane a Calcutta è stata un’esperienza davvero forte, profonda, arricchente e, soprattutto, sentita. Questi giorni meritano una riflessione a parte, per la realtà cruda, per quello che i miei occhi, le mie mani e il mio cuore hanno sentito, hanno toccato, hanno respirato.

Il programma dei salesiani a sostegno dei più poveri è davvero strutturato. L’istruzione è il pilastro che i missionari portano avanti, è il motore della missione, è l’obiettivo verso il quale proiettano tutte le loro energie per aiutare i beneficiari a realizzare un sogno, a sviluppare possibilità, a scoprire che una vita diversa è possibile e che con lo sforzo e il sacrificio si creano opportunità.

Le scuole sono concepite come un luogo che ti mette sulla strada della vita, non solo per una certa fascia d’età di bambini. Offrono opportunità e possibilità a tutti coloro che vogliono e desiderano avere un’istruzione. Non importa l’età, anche per gli adulti ci sono possibilità di istruzione, non importa la classe sociale, non importa la religione, ciò che conta sono i buoni desideri, le intenzioni, il desiderio di essere istruiti. Ciò che mi ha colpito di più è stato il fatto che dopo l’orario di lavoro un gruppo di madri andasse alla scuola serale per terminare gli studi: finire la scuola è un sogno, un desiderio, che in un futuro prossimo aprirà loro le porte per trovare un lavoro migliore che vendere cibo in una bancarella di strada. In tutte le case salesiane viene fornito cibo e altri tipi di servizi di assistenza che non sono solo educativi, come l’ascolto, l’accompagnamento, il sostegno psicologico. Si cerca di rispondere ai bisogni che non sono pochi e che aiutano chi viene a scuola a sentire che può crescere, a trovare la sua strada nella vita e a essere per gli altri un testimone di miglioramento.

Molte volte, durante le varie visite, mi sono chiesto che cosa abbiamo fatto per far sì che accadesse quello che ho visto. La povertà, la miseria, la fame mi hanno spezzato l’anima, come ho sentito dire da mia madre di fronte a una situazione complicata di impotenza. Camminare nel fango, sentire odori nauseabondi, calciare la sporcizia non era un problema per me, sarei tornato a casa in poche ore. Il dolore si fa più profondo quando si pensa che lì ci sono persone che ci vivono, che ci dormono, addirittura alcuni di loro lì sono nati.  

In alcune di queste baraccopoli l’unica luce di speranza sono i salesiani, sono loro che hanno osato entrare in questo mondo, sono loro che hanno deciso di camminare e di essere una luce per questa povera gente. I Figli di Don Bosco in tanti slum sono stati i primi ad arrivare, a costruire delle abitazioni per chi non ha niente, dei servizi igienici.

La povertà non è tutta uguale, le condizioni di vita dignitose sono un diritto non garantito a tutti. Molte delle baraccopoli indiane sorgono sulle discariche cittadine perché sono fonte di reddito per molte famiglie, che vivono riciclando i materiali di scarto e rivendendoli. A Bagar, presso un’altra missione salesiana che abbiamo visitato, una montagna di rifiuti era attraversata da un canale di scolo i cui liquami neri erano l’unica fonte d’acqua disponibile. I salesiani sono gli unici presenti a fianco della popolazione e sono riusciti a portare acqua potabile attraverso un sistema di distribuzione composto da 26 fontanelle con base in cemento e un blocco in muratura dove sono presenti i bagni e le docce.

La visita a Calcutta è stata straordinaria in tutti i sensi. La testimonianza e la dedizione delle missioni è certamente uno stimolo che mi aiuta a continuare a dire “sì” quando possiamo dare, servire e aiutare chi ha meno. Concludo la mia giornata con alcune parole di Madre Teresa: aiutate i più poveri tra i poveri.

Padre Daniel Antúnez

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