I missionari nascono in famiglia: la testimonianza di due mamme

Protagoniste della missione: sono le madri dei salesiani che lasciano non solo la casa ma l’intero mondo nel quale sono nati per spendere le loro energie in un Paese lontano.

Non è il caso qui di indagare sui moti interiori delle persone coinvolte: affetti, attese, speranze… ma di rimarcare piuttosto come siano importanti gli atteggiamenti dei parenti più stretti, dei genitori in particolare. E, appunto, delle mamme.

Abbiamo incontrato quelle di due missionari. L’immagine di questi molte volte ci fa trascurare il loro retroterra. Li vediamo immersi nell’attività e non ci viene da considerare la loro infanzia, la loro adolescenza come elemento che aiuta a disegnare il loro stile. La formazione religiosa, è vero, imprime un carattere oltre che una competenza, ma possiamo distinguere fra le persone quelle che hanno avuto un forte supporto di affetti nella loro crescita.

Due Roberto: padre Cappelletti e Panetto, Amazzonia e Cambogia le loro missioni, Veneto e Piemonte le regioni da cui sono partiti. In momenti diversi, abbiamo potuto conoscere le loro mamme e, quel che è fuori d’abitudine, intervistarle a lato dei nostri incontri con i loro figli.

Ne proponiamo qui la registrazione video. Già questo ha un sapore inedito: una giusta riservatezza ci fa distinguere fra il missionario e la sua famiglia; il rispetto dell’uno e della sua attività e il non voler apparire dell’altra sono elementi che siamo abituati ad avere presenti. Certo la curiosità giornalistica vorrebbe invece indagare, raccontare, trovare aneddoti rivelatori. Ma la prudenza di chi come noi vuole aiutare i missionari fa spesso da freno.

Ebbene, il nostro dialogo con queste mamme non solo si sé svolto in tutta serenità e senza timore di essere indiscreti, ma ci ha restituito un approccio alla missione del tutto naturale. Sì, ci saranno state fatiche per comprendere e ad accompagnare la vocazione religiosa; sì, non saranno mancate le preoccupazioni e le raccomandazioni per affrontare un viaggio di lunga durata verso terre lontane… ma il tono e le parole delle mamme che abbiamo incontrate sono stati quasi disarmanti per noi intervistatori. Nessun dramma, nessuna rivendicazione, nessun rimpianto. Anzi, sono emersi aspetti del quadro familiare che aiutano a capire la genesi della chiamata al servizio ai più lontani e ai più poveri. Persino episodi particolari, che l’amore materno ricorda con riconoscenza, si esprimono con un tocco di umorismo che mostrano che certo coraggio, certa impudenza talvolta indispensabile per affrontare le sfide di una missione, appartengono a un DNA che la scuola di Don Bosco ha saputo valorizzare e trasformare in chiave di successo.

Pensiamo alle marachelle o ai gesti di generosità di cui un ragazzo è protagonista: con il sorriso delle madri, a distanza di tempo diventano anticipatrici di una particolarità dello stile dei loro figli, salesiani e missionari. Viene naturale pensare che anche Margherita Occhiena ha avuto da raccontare episodi del piccolo Giovanni che aiutano a comprendere meglio l’azione che questi avrebbe poi svolta come “prete di frontiera”: la vicinanza ai vicini e ai compagni, la creatività unita alla disciplina, la profondità della fede e la concretezza della sua manifestazione. Senz’altro la biografia di Don Bosco ha potuto arricchirsi dei capitoli di Castelnuovo e di Chieri grazie alle confidenze, alle testimonianze, ai sorrisi che mamma Margherita si lasciava scappare verso i ragazzotti di Torino che arrivavano al suo orticello. Una storia che gli autori incaricati hanno scritta godendo anche del ricordo diretto di chi era stata più vicina alle origini della vocazione, più di aiuto e conforto nei momenti in cui la strada dell’oratorio si stava appena aprendo. Una analogia con le memorie che Maria confidò all’evangelista Luca, il quale ebbe così non solamente la fortuna di ripercorre la vita del Signore fin dai primi passi ma anche di scoprire il riverbero di affetti e di coscienza di sé che l’uomo Gesù ebbe dalla sua famiglia.

L’incontro con le mamme dei salesiani, nella semplicità e nella delicatezza di parole scambiate in amicizia, può diventare un buon mezzo per capire qualcosa di più della missione. Per unirsi alla loro preghiera che chiede la protezione dei figli e il buon esito del loro dono alla Chiesa.

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