Dall’Uruguay allo Zimbabwe, la vita di don Zamberlan

Ottobre mese missionario attraverso le parole dei Figli di Don Bosco

Padre Bruno Zamberlan, classe 1943, originario di Fiorentina (San Donà di Piave), paese della pianura veneto-friulana, è uno di quei missionari salesiani che ha fondato e accompagnato diverse opere nel mondo, dall’Uruguay al Cile, dal Brasile all’Argentina fino ad arrivare in Africa, in Zimbabwe.

“Solo Dio lo sa perché mi sono fatto missionario”, ci racconta, “ma una cosa è sicura, quando ho capito che potevo dare la mia vita a Dio ho deciso di darla fino in fondo senza trattenere per me l’affetto della mia famiglia e dei miei amici, avrei incontrato nuove persone. E così ho fatto, così Dio mi ha riempito di gioia la mia vita in ogni circostanza anche se sono stato in prigione quattro volte sotto le dittature in America Latina. Il signore mi ha sempre appoggiato e mi ha dato la gioia di trovarmi sempre prete anche in prigione, soprattutto quando vedevo che i giovani erano lì. Mi sono fatto anche l’idea di essere missionario cappellano in prigione…”. Don Bruno ha vissuto gli anni della dittatura dell’Uruguay (1975-1985) e gli anni della liberazione (1985-1993), ma non si è mai fermato di fronte alle difficili situazioni politiche e sociali che hanno segnato il Paese.

Dopo ventinove anni in Uruguay, oggi don Bruno Zamberlan si trova in Zimbabwe, ad Hwange nella provincia del Matabeleland settentrionale, dove ha contribuito a fondare nel 1995 le prime opere nel Paese: una grande parrocchia, il primo centro giovanile, diventato una scuola di umanità e catechesi per decine e decine di giovani con una ricca e intensa attività pastorale, e poi la prima scuola salesiana professionale nel nord del Paese, vicino alle famose cascate Vittoria del fiume Zambesi, dove sono presenti diverse miniere di carbone.

Una zona abitata dagli Ndebele, originari del Sud Africa, oggi la terza etnia per entità tra quelle principali, una volta un popolo osteggiato e messo ai margini dal governo soprattutto nel settore dell’educazione. Per questo i salesiani hanno deciso di colmare un vuoto e puntare molto sulla formazione professionale, la scuola di arti e mestieri doveva essere ed è il luogo in cui si cerca di sviluppare le abilità locali della lavorazione del legno e della pietra e non solo, per dare ai giovani gli strumenti per rimanere nel Paese, aiutare le famiglie e fornire un’opportunità concreta alla popolazione più giovane, una missione in puro stile salesiano.

L’America Latina ha preparato don Bruno per l’Africa: “dal punto di vista familiare e sociale l’Africa è molto più complessa”, si confida, “ma la Famiglia salesiana unita non si è mai tirata indietro”. Per don Bruno essere missionario non è altro che parlare con il linguaggio del cuore, essere generosi con le persone, in particolar modo con quelle più svantaggiate, gli ultimi della società e lavorare concretamente per aiutare il prossimo, per questo tiene a cuore la frase di Don Bosco: “Laetare et bene facere e lasciar cantare le passere”, fate del bene e lasciate fischiare i passeri, lasciate che gli altri parlino e dicono quello che vogliono.

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