Comunicato stampa del

Clima politico molto “caldo” in Etiopia e in Eritrea

Dopo il tentato golpe nella regione degli Amhara

Giro di vite interno a ciascuno dei due Paesi del Corno d’Africa e passi indietro nelle relazioni a quasi un anno dal trattato di pace

Situazione politica tesa in Etiopia e – per riflesso – in Eritrea.

Undici giorni fa c’è stato un tentativo di colpo di Stato nell’Amhara, il Governatorato del nord Etiopia ai confini con il Sudan. Si tratta di una regione di transito da Asmara ad Addis Abeba, quella che percorrono molti profughi e, fino ai giorni scorsi, i nuovi trafficanti che hanno visto aprirsi i mercati delle città dell’Eritrea, impermeabile all’import di beni prima dell’accordo di pace. Il governo di Isayas Afewerki sembra aver colto l’occasione dei moti nella vicina regione-Stato per tornare sui suoi passi.

 

Etiopia

Il bilancio del tentato golpe è costituito da numerose vittime civili, fra i quali persone molto stimate dalla popolazione amhara. Le contromisure prese dal governo centrale hanno creato anche un black out informativo, incominciando dalla sospensione dei collegamenti Internet. Solo da un paio di giorni gli Etiopici hanno potuto comunicare anche con l’estero via posta elettronica e messaggi scritti con Whats App. Le prime note di cronaca stanno uscendo ora dal Paese, mentre l’invio di immagini è ancora impedito dalle autorità.

Il tentato golpe nel capoluogo amharo Bahir Dar ha dato espressione a un timore che serpeggia dallo scorso anno in tutta l’Etiopia. Il Paese dallo scorso anno è affidato a un primo ministro, Abiy Ahmed, che subito è sembrato capace di introdurre radicali riforme, e a una presidentessa, Sahle-Work Zewde, che è l’unica donna in Africa elevata in un ruolo di quella portata. Uno degli scogli maggiori allo sviluppo del Paese è il predominio dei clan etnico-economici che contrastano le politiche nazionali al fine di mantenere il proprio potere locale. Frequenti sono le razzie fra un villaggio e un altro, mentre vere e proprie operazioni di pulizia etnica sono l’esito delle competizioni fra tribù limitrofe.

La mina vagante segnalata dagli osservatori sono quegli 1,1 milioni di profughi che attraversano il Paese, fra campi neppure censiti dalle autorità e città che si gonfiano di sbandati, che vanno a sommarsi ai migranti stranieri. L’alto tasso di sviluppo, plasticamente rappresentato dalla cantierizzazione della capitale, è spinto dagli investimenti cinesi che pure restano al di sotto di quelli complessivi degli Stati europei ma marchiano l’economia in maniera lampante.

 

Eritrea

L’Eritrea vive umori alterni fra speranze per il cessato conflitto militare con il grande Vicino, dal quale fu dominato per trent’anni fino al 1991, e i timori del suo governo militare per le contaminazioni democratiche che filtrano da quel confine.

Le ultime vicende etiopiche sembrano aver dato hanno dato motivo per una nuova chiusura da parte dei palazzi di Asmara: il blocco delle frontiere con l’Etiopia e la nazionalizzazione con la forza di ospedali e di cliniche private. I religiosi che gestivano alcune di queste strutture sono stati forzati a lasciare le loro residenze all’interno delle stesse. La condizione sanitaria si fa così difficile per la popolazione più povera che fino ad ora si è avvalsa finora dei servizi gratuiti di quelle strutture.

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