La consacrazione di Ucraina e Russia a Maria per fermare la guerra

Nella chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice di Kyiv si sono radunati per settimane e per mesi i giovani e le famiglie che padre Makism accoglie nella sua missione. A gennaio, quando il Papa propose la giornata di preghiera per la pace in Ucraina, partecipammo a distanza a quell’appuntamento facendoci descrivere il clima di preoccupazione ma anche di speranza che animava quel momento su cui pesavano le minacce di invasione.

Oggi, la preghiera si fa ancora più intensa e deve essere capace di superare il frastuono dei bombardamenti. Sirene per i coprifuoco, echi di cannonate, rombi di aerei militari sono i rumori che da un mese attraversano l’aria delle città fino alla riduzione in macerie di palazzi e alla fuga dei civili. Padre Maksym non lascia la chiesa, benché fra l’altare al primo piano e l’oratorio a pianterreno non vi sia chi frequenti la palazzina che fu la residenza di una famiglia Rom e oggi è il sogno di un luogo di incontro e di convivialità fraterna. “Non me ne vado, così non se ne vanno i miei confratelli dai loro paesi e città. Anzi siamo una volta di più impegnati a usare il lasciapassare del nostro ministero per soccorrere le persone e per farci voce di chi chiede la fine della guerra”. Con lui è rimasta mamma Iryna che ha assunto il compito di una maternità più estesa di quella biologica.

Il Papa consacra Ucraina e Russia a Maria questo pomeriggio al termine di una liturgia penitenziale nella Basilica di San Pietro nella quale ognuno, prima di puntare l’indice verso un colpevole, si interrogherà sulla propria omissione di iniziativa per frenare l’odio. “Noi abbiamo smarrito la via della pace” dirà papa Francesco, “abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali. Abbiamo disatteso gli impegni presi come Comunità delle Nazioni e stiamo tradendo i sogni di pace dei popoli e le speranze dei giovani. Ci siamo ammalati di avidità, ci siamo rinchiusi in interessi nazionalisti, ci siamo lasciati inaridire dall’indifferenza e paralizzare dall’egoismo”. La Quaresima, se non vuole essere un appunto sul calendario liturgico, deve generare un vero cambiamento di atteggiamenti e di pratiche. Quest’anno è una Quaresima di sacrificio per il popolo ucraino, così come per le famiglie delle Federazione russa che hanno un figlio al fronte. È una Quaresima che presenta anche a noi il conto di una risposta spesso solo di autoprotezione quando le tragedie del mondo ci si parano davanti.

Chi può farci uscire da un angolo in cui ci siamo chiusi privilegiando l’interesse egoistico, le parole di odio, la pratica aggressiva? In questi giorni stiamo toccando con mano l’incapacità degli uomini di incontrarsi e di capire gli uni le ragioni degli altri e di trovare un punto di equilibrio sostenibile. Gli Organismi internazionali non hanno un reale potere di prevenire le guerre e ancor meno di fermarle. Non è un ripiego rivolgere a Dio la richiesta di soccorrere l’uomo, di penetrare nei cuori di chi decide, ma un onorevole riconoscimento dei nostri limiti personali e collettivi e una giusta richiesta al Padre di tutti.

A questo si aggiunge il costante richiamo che proviene dalla Madre di Gesù alla conversione. In molti modi questo si propone alla comunità cristiana: i messaggi, che le persone più sensibili e pure raccolgono e diffondono, tendono tutti a farci tornare sui passi della vera amicizia con Dio e fra gli uomini. Uno di questi messaggi è quello che fu affidato ai piccoli pastori di Fatima e che chiede la consacrazione a Lei della Russia.  “Nella miseria del peccato, nelle nostre fatiche e fragilità, nel mistero d’iniquità del male e della guerra, tu, Madre santa, ci ricordi che Dio non ci abbandona, ma continua a guardarci con amore, desideroso di perdonarci e rialzarci. È Lui che ci ha donato te e ha posto nel tuo Cuore immacolato un rifugio per la Chiesa e per l’umanità” dirà ancora il Papa oggi. Questa richiesta di consacrazione fu fatta mentre il mondo era precipitato nella Prima guerra mondiale, venne posta in essere da Pio XII dopo che la Seconda guerra mondiale aveva dato il risultato di una profonda spaccatura fra Est e Ovest dell’Europa. È interessante rileggere oggi il quadro storico al quale fa riferimento la Lettera apostolica “Sacro reggente anno”  che il Papa promulgò nel 1952 perché individua il legame profondo che invece unisce l’intero continente nella fede cristiana abbracciata dal principe Vladimiro che originò la Rus’, madre dell’evangelizzazione da Kyiv fino a Mosca. “Madre… in quest’ora l’umanità, sfinita e stravolta, sta sotto la croce con te… il popolo ucraino e il popolo russo, che ti venerano con amore, ricorrono a te, mentre il tuo Cuore palpita per loro e per tutti i popoli falcidiati dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia e dalla miseria” ricorderà di nuovo papa Francesco oggi.

Tutti i sacerdoti e i vescovi del mondo sono invitati a unirsi a questa preghiera. Padre Maksim lo farà, in solitudine, nella sua chiesa. Con la mestizia inevitabile dell’animo, ma anche con la certezza che la sua implorazione insieme con quella di migliaia di altri presbiteri e di milioni di fedeli che si uniranno ad essi uomini non potrà non essere ascoltata. Nella palazzina di Kyiv non c’è uno scantinato dove pensare di proteggersi durante i bombardamenti, ma questo salesiano si fida della promessa di Don Bosco che dove si prega l’Ausiliatrice lei provvede a proteggere chi vi abita.

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