Da Ki’iv a Valdocco – La storia di Victoria

Sono nata a Ki’iv 32 anni fa, ho vissuto lì tutta la vita. Fino a 2 mesi fa lavoravo in banca. Fino al 23 febbraio, quando i primi bombardamenti dell’esercito russo hanno colpito proprio la zona limitrofa a casa mia, a pochi chilometri dal centro. Verso le 4 di notte abbiamo sentito una serie di rumori assordanti. Vedevamo delle fiamme in lontananza, mio figlio Miroan era terrorizzato. Il mattino dopo ci siamo precipitati in centro, per prelevare dei soldi. Ci abbiamo messo 6 ore per percorrere 9 chilometri in macchina, c’era un ingorgo autostradale spaventoso. Al volante, in questa lunghissima coda, solo persone sconvolte, incredule. Dopo aver trascorso 2 notti in uno scantinato, con poche cose al seguito e il gatto nel trasportino, mi sono trasferita a casa dei miei suoceri, a Zhytomir. Poco dopo sono iniziati i bombardamenti anche lì. Mia suocera è un medico anestesista, lavorava giorno e notte. Non raccontava nulla, perché il personale sanitario è tenuto al segreto, ma era stravolta. Avevo molta paura, per me, per mio figlio, e per quello che porto in grembo. Nascerà a fine maggio. Per questo mi sono di nuovo trasferita. In una zona isolata, in campagna. Ho pensato che saremmo stati al sicuro, almeno per qualche giorno. Gli attacchi sono iniziati anche lì. Mi sono sentita braccata. Ho avuto la sensazione che la guerra mi stesse inseguendo. Sono tornata ancora qualche giorno a Ki’iv, nell’attesa di spostarmi a Leopoli, verso il confine occidentale. Al momento lì la situazione era più tranquilla, ho considerato che avrei potuto affittare temporaneamente un piccolo appartamento, e mettere al mondo mio figlio in un contesto più sicuro, in una città in cui gli ospedali funzionassero quasi normalmente. Sono stata accolta dai salesiani a Vynnyky, nell’attesa di trovare una casa. Ero con tutta la mia famiglia: i miei genitori, mio figlio, mio marito Maksym… Ma ho dovuto cancellare i miei piani: sono iniziati i bombardamenti anche lì. Abbiamo deciso di prendere in fretta e furia un bus preparato dai Figli di Don Bosco e di lasciare il Paese. Io e Miroan abbiamo salutato il suo papà, il mio bambino piangeva. Poi siamo partiti. Ci siamo fermati 3 giorni in Slovacchia, in un centro salesiano. È stato bellissimo respirare di nuovo la pace. Ora siamo qui a Torino, dai salesiani. Accolti, coccolati, amati. Mio figlio sta bene, io sono tranquilla perché partorirò serenamente in un ospedale attrezzato e perché i miei genitori sono con me. Ringrazio Dio tutti i giorni, lo sento vicino a me e a miei bambini. Tutte le sere io e mio marito ci sentiamo in videochiamata. La gatta sente la mia voce e quella di Miroan e arriva vicino al telefono. Poi io e mio marito parliamo del nome da dare al bimbo. É buffo, discutere come tutte le coppie sul nome da dare al bimbo che verrà al mondo, anche polemizzare un po’. Mi dà una bellissima sensazione di normalità. Chissà quando Maksym conoscerà il nostro piccino che sta per nascere, chissà quando potrà riabbracciare Miroan e me.

Le testimonianze e il dolore straziante di decine di madri, come Victoria, che sono riuscite a fuggire e che oggi si trovano qui a Valdocco, accanto a noi, ci lasciano a bocca aperta. La violenza e la distruzione sono ancora oggi due fattori che contribuiscono a far scappare centinaia e centinaia di persone che cercano rifugio in Polonia, Romania, Ungheria, Moldavia, Slovacchia e Bielorussia. Ad oggi sono più di 5 milioni e 500 mila i profughi in fuga dall’Ucraina, di cui 3 milioni hanno raggiunto la Polonia. La guerra in Ucraina ha superato i 65 giorni, i combattimenti in varie zone non si fermano e i due Paesi faticano a trovare accordi per i corridoi umanitari. 

I salesiani portano avanti le numerose missioni umanitarie sia sul territorio ucraino che nei Paesi confinanti. All’interno dei confini i missionari sostengono la popolazione che vive al riparo nei rifugi distribuendo generi alimentari e medicine, partono in maniera costante camion e furgoni pieni di aiuti (generi di prima necessità e vestiti) dai Paesi confinanti, e lavorano per mettere in sicurezza i bambini e i ragazzi presso la Casa famiglia di Lviv, dove, sotto la guida di padre Michajlo Czaban, circa 320 tra madri, bimbi e ragazzi hanno trovato rifugio e assistenza. Presso i Centri salesiani oltreconfine, in particolare in Polonia, i Figli di Don Bosco hanno attivato un piano di accoglienza e sostegno alle famiglie, principalmente donne e bambini, che prevede alloggio, assistenza alimentare, medica e psicologica. Le persone accolte sono 600 tra mamme e bambini rifugiati presso le case, le scuole, gli oratori e tutte le opere di Don Bosco in Polonia. Come nell’opera salesiana di Oświęcim (la tristemente famosa Auschwitz) dove attualmente ospitiamo 15 donne dai 25 ai 62 anni e 25 bambini dai 6 mesi ai 20 anni.

In occasione della Festa della mamma, l’8 maggio, vogliamo chiederti di aiutarci a riportare la pace nel cuore di tutte le mamme ucraine, di accoglierle nelle nostre case salesiane in Ucraina, in Polonia e in Italia e di garantire loro cibo, cure e supporto psicologico. Un aiuto per queste madri rappresenta un vero miracolo. Donne costrette a perdere tutto, costrette a scappare dalla propria terra, dalle proprie case, lasciandosi alle spalle mariti, padri, compagni per mettere davanti la sopravvivenza dei propri figli. Con un 30€ assicuri pasti nutrienti a una mamma e ai suoi figli per una settimana in Ucraina, con 65€ doni cibo, cure mediche, vestiti e assistenza psicologica con 130€ copri tutte le spese di accoglienza di una mamma e di un bambino per ben 10 giorni in una casa salesiana in Polonia.

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